mercoledì 3 marzo 2021

CIAO “DON” …

Caro don Domenico Lavaggi oggi è doveroso salutarTi ed esprimerTi il mio più grande ringraziamento per aver avuto il privilegio di condividere con Te una intensa, profonda e significativa esperienza comunitaria e personale nella parrocchia di Santa Teresa del Bambino Gesù, nel quartiere extra urbano del Limone-Melara, alla Spezia.

Eri la nostra guida spirituale, ma anche un maestro di vita, ma soprattutto colui che moderava le intemperanze di noi (allora) giovani pieni di vitalità e di volontà di “cambiare tutto”; la Tua saggezza era per il grande gruppo parrocchiale dei giovani un elemento di crescita positiva concretamente incanalata in tante iniziative: dai campeggi estivi alle raccolte delle medicine da mandare in Africa, dalla raccolta della carta per finanziare le iniziative sociali alla solidarietà agli operai in sciopero; dalle iniziative sportive e ricreative alle tante opere di solidarietà sociale.

Sono stati anni assai intensi, dove accanto alle esigenze di vivere il cristianesimo in maniera più intensa e autentica si coniugava la spinta per un rinnovamento nell’impegno sociale e politico, rifiutando le ideologie per scegliere l’uomo nella sua articolata umanità.

Abbiamo condiviso per dodici anni tutte le vicende religiose e sociali della comunità parrocchiale, abbiamo affrontato insieme le complesse problematiche allora presenti: dall’inquinamento alla disoccupazione, dai licenziamenti alle crisi aziendali, dalla partecipazione della popolazione nel quartiere e nella scuola all’educazione sociale e professionale, dagli aiuti ad alcuni villaggi africani e brasiliani alla solidarietà per i “bisognosi” locali.

 Poi le vicende della vita (per studio, lavoro e famiglia) hanno costretto ciascuno di noi a fare scelte differenti l’uno dall’altro e inevitabilmente il gruppo si è sciolto; Tu hai continuato la tua vita sacerdotale in quel di Levanto, mentre noi ci siamo sparsi in varie province e i contatti con il tempo si sono attenuati.

Il tempo trascorso e la distanza non ha scalfito né il ricordo di quell’intensa esperienza religiosa e sociale, né  l’affetto di tutti noi per Te. Per questo, oggi molti di quei “giovani” Ti ricorderanno con particolare affetto; del resto, quando nell’aprile 2006 ci hai comunicato il barbaro assassinio avvenuto in Brasile del nostro caro e comune amico Don Bruno Baldacci, avevi chiesto a ciascuno di noi di rivolgere una comune preghiera e un ricordo, fermandosi tutti nello stesso momento pur essendo ciascuno di noi in luoghi diversi e distanti … e così è stato fatto allora … e così oggi si ripeterà.

Credo che a Te si possano applicare le parole di San Paolo (2 Timoteo 4:7-9): hai combattuto la buona battaglia, hai terminato la Tua corsa, hai conservato la fede. Ora Ti resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, sicuramente Ti ha già consegnato, a Te come anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la Sua manifestazione.

Caro “DON” grazie di tutto. Ciao.

Euro Mazzi

sabato 28 dicembre 2019

UNA RIFLESSIONE SUGLI AUGURI

A Natale e a Capodanno (come in occasione di altre feste) è oramai diffusa consuetudine scambiarsi gli auguri quale desiderio e/o speranza che le persone a cui li inviamo ricevano del bene e/o siano felici o semplicemente capiscano una personale vicinanza.
L’etimologia della parola auguri richiama la figura sacerdotale dell’antica Roma degli “àugures che avevano il compito di interpretare la volontà degli dèi attraverso i segni (fulmini, tuoni, volo degli uccelli, presagi funesti, interiora degli animali, ecc.); questa interpretazione o divinazione del futuro era chiamata “auguri/auspici” e consisteva nell’approvazione o disapprovazione degli dei rispetto alla decisione di fare un qualcosa (nell’ambito pubblico o in quello privato, sia in pace che in guerra), un consiglio a cui occorreva comunque sottomettersi per evitare la loro ira.
Gli “àugures possedevano, quale forma distintiva della loro funzione sacerdotale, un bastone ricurvo a forma di punto interrogativo (il lituo dal latino litàre = offrire sacrifici agli dei per ottenere auspici favorevoli).

martedì 25 dicembre 2018

IL “SENSO” DEGLI AUGURI.

Il Natale e la Fine dell’anno sono l’occasione tradizionale per scambiarsi gli auguri. Recentemente mi è capitato di leggere il “Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere” (un breve racconto scritto nel 1832, ambientato per strada, in una città anonima), in cui Leopardi sostiene che “nessuno vorrebbe rinascere” se la condizione fosse di “riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male”, perché “ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene”. Alla fine il passeggere giunge alla conclusione che la felicità consiste nell’attesa di qualcosa che non si conosce, nella speranza di un futuro diverso e migliore del passato e del presente: “Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura”.