martedì 25 dicembre 2018

IL “SENSO” DEGLI AUGURI.

Il Natale e la Fine dell’anno sono l’occasione tradizionale per scambiarsi gli auguri. Recentemente mi è capitato di leggere il “Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere” (un breve racconto scritto nel 1832, ambientato per strada, in una città anonima), in cui Leopardi sostiene che “nessuno vorrebbe rinascere” se la condizione fosse di “riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male”, perché “ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene”. Alla fine il passeggere giunge alla conclusione che la felicità consiste nell’attesa di qualcosa che non si conosce, nella speranza di un futuro diverso e migliore del passato e del presente: “Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura”.
In un passo dello “Zibaldone” (scritto nel 1827) Leopardi esprime lo stesso concetto: la felicità non è legata a qualcosa di reale che stiamo vivendo o abbiamo già vissuto, ma solo all’attesa, alla speranza di ciò che ci immaginiamo o ci illudiamo possa accadere: “Nella vita che abbiamo sperimentata e che conosciamo con certezza, tutti abbiamo provato più male che bene; e se noi ci contentiamo ed anche desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per l'ignoranza del futuro, e per una illusione della speranza, senza la quale illusione o ignoranza non vorremmo più vivere, come noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti”.
ove tu siedi, o fior gentile, e quasi i danni altrui commiserando,
al cielo di dolcissimo odor mandi un profumo, che il deserto consola”.
 “La ginestra”, G.Leopardi.
Quindi gli auguri sono rivolti all’aspettativa di un futuro migliore rispetto al passato. Il punto nevralgico degli auguri riguarda non l’esistenza passata, ma la prospettiva futura di vivere meglio.
In proposito, un altro poeta Pablo Neruda, ha scritto una poesia che inizia: “Ora, lasciatemi in pace” e termina “Lasciatemi solo con il giorno. Chiedo il permesso di nascere”.
In un’epoca di confusione, di rumori e di forti contrasti bisogna recuperare la pace e la tranquillità per rinascere. Neruda sostiene che l’importante non è nascere, ma rinascere: “Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno”.
È questo il tempo di rinascere ogni giorno, proprio perché abbiamo tante cose da fare e sono tutte urgenti. In questo tempo in cui si esalta la “perfezione”, il “bellissimo” e il “senza difetti”; in cui si corre all’aumento del fatturato e dei profitti; in cui si eliminano tutti i limiti e i confini; in cui si vuole “il tutto e subito”, e non conosce più la “pazienza” e “l’attesa”; emerge la necessità di riconquistare la felicità nella consapevolezza di esseri fragili, incompiuti, imperfetti e limitati, cioè semplicemente umani ma con un forte slancio verso un futuro migliore.
Allora, la felicità sta nella nostra capacità di sognare, di lottare, di conquistare un miglioramento, cioè di “fiorire” in mezzo alle difficoltà come fa “La Ginestra”; in questa poesia Leopardi evoca questo fragile fiore (“la qual null’altro allegra arbor né fiore”) che riesce a fiorire in mezzo al deserto (“Qui su l’arida schiena”), invitando gli uomini a fare altrettanto (“odorata ginestra, contenta dei deserti”).
Dovrebbe essere questo il senso vero degli auguri; dunque AUGURI.

Euro Mazzi

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