sabato 28 dicembre 2019

UNA RIFLESSIONE SUGLI AUGURI

A Natale e a Capodanno (come in occasione di altre feste) è oramai diffusa consuetudine scambiarsi gli auguri quale desiderio e/o speranza che le persone a cui li inviamo ricevano del bene e/o siano felici o semplicemente capiscano una personale vicinanza.
L’etimologia della parola auguri richiama la figura sacerdotale dell’antica Roma degli “àugures che avevano il compito di interpretare la volontà degli dèi attraverso i segni (fulmini, tuoni, volo degli uccelli, presagi funesti, interiora degli animali, ecc.); questa interpretazione o divinazione del futuro era chiamata “auguri/auspici” e consisteva nell’approvazione o disapprovazione degli dei rispetto alla decisione di fare un qualcosa (nell’ambito pubblico o in quello privato, sia in pace che in guerra), un consiglio a cui occorreva comunque sottomettersi per evitare la loro ira.
Gli “àugures possedevano, quale forma distintiva della loro funzione sacerdotale, un bastone ricurvo a forma di punto interrogativo (il lituo dal latino litàre = offrire sacrifici agli dei per ottenere auspici favorevoli).