A
Natale e a Capodanno (come in occasione di altre feste) è oramai diffusa consuetudine
scambiarsi gli auguri quale desiderio e/o speranza che le persone a cui li inviamo
ricevano del bene e/o siano felici o semplicemente capiscano una personale
vicinanza.
L’etimologia
della parola auguri richiama la
figura sacerdotale dell’antica Roma degli “àugures”
che avevano il compito di interpretare
la volontà degli dèi attraverso i segni
(fulmini, tuoni, volo degli uccelli, presagi funesti, interiora degli animali,
ecc.); questa interpretazione o divinazione del futuro era chiamata “auguri/auspici” e consisteva nell’approvazione o disapprovazione degli
dei rispetto alla decisione di fare un qualcosa (nell’ambito pubblico o in
quello privato, sia in pace che in guerra), un consiglio a cui occorreva
comunque sottomettersi per evitare la loro ira.
Gli
“àugures” possedevano, quale forma
distintiva della loro funzione sacerdotale,
un bastone ricurvo a forma di punto interrogativo (il lituo dal latino litàre =
offrire sacrifici agli dei per ottenere auspici favorevoli).